Il luoghi della nostra anima

Tra pochi giorni sarò in viaggio per l’India, dopo quattro anni di assenza. E proprio di questo vorrei parlare oggi: non tanto dell’India in sé, ma di quello che ha rappresentato per me nel corso degli anni, con alcune riflessioni che, spero, possano essere interessanti e utili anche per voi.

La prima cosa particolare riguardo al mio rapporto con l’India è che la prima volta che ci sono andata, nel 1994, era stata un’esperienza talmente sgradevole che avevo giurato a me stessa che non ci sarei tornata MAI PIÙ! All’epoca ero ancora nella mia fase “manager perfettina che deve avere tutto sotto controllo” e quindi… figuriamoci!!! Ancora adesso l’India è una grandissima prova per chi si aspetta ordine, logica e affidabilità, ma trent’anni fa era davvero un altro pianeta!!! Credevo di impazzire… 

Ma poi è successa una cosa quasi miracolosa. Quando sono ritornata per la seconda volta, nel 2001, dopo sette anni sul sentiero di Yogananda e sei anni di vita ad Ananda, come per incanto mi sono sentita “a casa”. Non avevo più paura di niente e mi piaceva tutto! Appena arrivata in albergo a Calcutta, mentre gli altri pellegrini riposavano, sono uscita da sola – facendomi largo tra mendicanti e cani pulciosi – e sono andata nel più grande e affollato mercato coperto della città, che era vicino al nostro hotel. All’epoca, una donna europea da sola, per giunta bionda, era come una sorta di extraterrestre che attirava gli sguardi e i commenti di tutti! Ma sentivo un grande desiderio di comprarmi degli abiti indiani, e per tutto il resto del pellegrinaggio non ho indossato altro. E ho trascorso un mese nei luoghi più sacri (ma anche, in alcuni casi, più sporchi!) dell’India, sentendomi sempre perfettamente a mio agio, e senza mai provare nessuna delle fortissime resistenze e avversioni della prima volta! 

Che cosa era successo? Credo, semplicemente, che le mie vibrazioni si fossero armonizzate con quelle dell’India, attraverso la sintonia con il mio Maestro. Qual è, quindi, il messaggio per tutti noi? Che la sintonia con le vibrazioni più elevate – o con qualsiasi vibrazione desideriamo coltivare nella nostra vita, anche quella per una determinata professione – è il modo più veloce di risolvere tante cose, invece di cercare di cambiarle una per una.

Swami Kriyananda usava l’immagine di una barra di ferro, che ha tutte le molecole con polarità orientate in modo diverso. Quando quella barra viene avvicinata a un magnete – in particolare al magnete del proprio Guru! – tutte le molecole si allineano istantaneamente in un’unica direzione, senza bisogno di girarle una alla volta. Per questo stesso principio, quando guido i corsi sulla “manifestazione”, parlo dell’importanza di iniziare il processo immergendoci nella coscienza dell’abbondanza: come quel magnete, ci rende possibile in seguito attrarre ogni altra cosa. 

E poi cosa è successo con la mia esperienza in India? L’anno seguente ho guidato io stessa il pellegrinaggio di Ananda, assieme a Jayadev e ad altri due nostri amici (eh sì, nella mia vita i passaggi sono stati spesso molto veloci!). E anche un ritiro di Ananda Yoga a Goa (sì, all’epoca insegnavo anche Ananda Yoga!). Ricordo ancora lo shock quando siamo scesi dall’aereo a Goa, dopo aver trascorso più di un mese nei luoghi più sacri dell’India, di cui l’ultima settimana in ritiro in uno splendido piccolo hotel affacciato sul Gange, vicino a Rishikesh. A Goa l’energia era totalmente diversa, ma nei giorni seguenti, via via che ci concentravamo sul ritiro che stavamo guidando, le vibrazioni mondane e irrequiete che ci circondavano hanno perso il loro potere di influenzarci, perché le nostre vibrazioni “yogiche” sono diventate sempre più forti!

Ci sono tanti insegnamenti che possiamo trarre da questa esperienza, oltre a quello più evidente, che ci mostra come le vibrazioni più forti vincano. Ad esempio, ho toccato con mano in quell’occasione come il servire gli altri – specialmente se cerchiamo di farlo come canali del Divino – alzi immediatamente le nostre vibrazioni. «Il canale è benedetto da ciò che lo attraversa», era solito dire Yogananda. Ogni volta che mettiamo da parte le nostre preoccupazioni personali per aiutare gli altri, noi per primi ne traiamo beneficio (a meno che non lo facciamo a denti stretti e lamentandoci tutto il tempo, ovviamente!) 

Negli anni seguenti sono tornata molte volte in India, anche due volte l’anno (questa sarà la ventiseiesima volta, credo!), e ho guidato molti pellegrinaggi. Soprattutto, l’India è diventata per me un porto sicuro, un rifugio, un’indispensabile ricarica spirituale. La mia attività di traduttrice per Ananda Edizioni mi consentiva di trascorrere anche più di un mese alla volta in India, e lo passavo ogni anno a Rishikesh, nell’ashram di Vanamali Devi, una donna molto santa con la quale ho avuto la benedizione di sviluppare un rapporto intimo e profondo, e che ho ribattezzato “la mia mamma indiana”. 

Perché erano così importanti per me quei periodi? Perché in India riuscivo a essere veramente me stessa: più connessa spiritualmente, più calma, più gioiosa, più felice. Era come ritrovare, ogni volta, le parti migliori di me, che durante l’anno avevano perso via via il loro splendore sotto i colpi delle prove… Era una boccata d’aria, una rinascita che mi permetteva di ricominciare l’anno con rinnovata sintonia. 

Era anche una dimensione in cui mi sentivo libera da tanti pesi e preoccupazioni, che a casa mi gravavano sulle spalle. 

Un po’ alla volta, col passare degli anni, il divario tra la “Sahaja italiana” e la “Sahaja indiana” si è colmato. Ho cominciato a sentire che avrei anche potuto non andare in India tutti gli anni… ma ho continuato comunque a farlo, visto che ne avevo la possibilità, perché era sempre e comunque una ricarica preziosa.

Adesso sono quattro anni che non vado in India e, sorprendentemente, non mi è mancata molto. Sono stati anni in cui ho costruito nuove fondamenta qui in Italia e, soprattutto, dentro di me. Ma sono felice e grata di ritornarci quest’anno, non solo per assaporare quella meravigliosa energia e per rivedere la mia “mamma indiana”… ma anche per assaporare la “nuova me”!

La morale? È una grande benedizione avere dei luoghi dove ricaricarci e riconnetterci, e vogliamo senz’altro dedicare del tempo a questo. Yogananda, ad esempio, consigliava di fare un giorno di ritiro in silenzio ogni settimana, e una settimana ogni anno. Ma la vera “India” – così come qualsiasi altro luogo che per voi è sacro – dovrebbero diventare sempre più uno stato di coscienza interiore.E anche la connessione, e il senso di libertà e di leggerezza dell’anima, possono trasformarsi un po’ alla volta, da momenti speciali, nella normalità della nostra esistenza.

Ciao, sono Sahaja!

Forse abbiamo in comune molte cose, o forse una soltanto… Vuoi scoprirla?

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