Molte persone mi dicono con tristezza: “Non ho ancora capito qual è il mio dharma nella vita”. E, sì, è bello scoprire qual è il nostro compito nel mondo, sapere che cosa siamo venuti a essere e a donare agli altri, qual è la nostra direzione di crescita. Al tempo stesso, però, ho l’impressione che sia tutto molto più semplice…
Stamattina mi sono svegliata con un pensiero di amore e gratitudine per mio suocero, Rudolf. Se fosse ancora fisicamente con noi, oggi sarebbe il suo compleanno. Pensando alla sua vita, non mi colpisce una missione speciale: era “soltanto” un bravo manager, un bravo padre, un bravo suocero, una brava persona. Etico, solido, responsabile. Con un bellissimo equilibrio interiore, fatto di una spiritualità tutta sua e di una visione filosofica e umoristica della vita. Una di quelle persone che sei felice e grata di avere nella tua vita.
E allora mi dico che, dopo tutto, non è così importante scoprire COSA esattamente siamo venuti a fare, ma COME siamo venuti a farlo. E per ognuno, alla fin fine, quel “come” è molto semplice: è IL MEGLIO CHE POSSIAMO ESSERE, l’ottava più alta di quello che GIÀ siamo, la modalità più espansa, gioiosa, amorevole e profonda di quello che è GIÀ dentro di noi.
Ecco, forse la sfida è proprio questa: guardarci dentro, vedere, onorare e celebrare LA MERAVIGLIA CHE GIÀ SIAMO, piuttosto che cercare fuori di noi una “missione”, un “dharma”, un “compito” che pensiamo debba essere qualcosa di diverso e forse lontano da noi.
E quando ci sentiamo intimiditi dal confronto con gli altri, quando ci sentiamo inadeguati o insufficienti, prendiamolo come un pungolo per essere non “più come loro”, ma “più come noi stessi”. Per ascoltare ancora più in profondità, nella meditazione, l’essenza della nostra anima e per farla risplendere con fiducia. E con almeno un pizzico di leggerezza e di umorismo.
Sì, proprio come Rudolf.