Lo desideri abbastanza?

Ci chiediamo spesso come mai i nostri desideri non si realizzino, nonostante i nostri migliori sforzi, impegno e disciplina. Spesso, il motivo è semplicemente che quel desiderio non è abbastanza forte.

Quando abbiamo a che fare con i desideri dell’anima, questo fenomeno diventa ancora più comune. I desideri dell’anima sono sottili, impalpabili, spesso associati nella nostra mente a un qualcosa di faticoso.

Non è sempre facile, ad esempio, espandere la nostra capacità di amare, perdonando qualcuno che ci ha ferito, sacrificando il nostro tempo e la nostra energia per aiutare chi ne ha bisogno, aprendo il nostro cuore anche a rischio di essere feriti.

Non è sempre facile vivere con più energia, dovendo poi rinunciare al pretesto di essere troppo deboli o stanchi per affrontare le sfide o le responsabilità della vita.

Non è sempre facile vivere con più consapevolezza, senza più poter dare la colpa agli altri di quello che, in realtà, dipende sempre e solo da noi.

Non è sempre facile vivere con più gioia, allenando la mente a uscire dal mugugno per vedere il lato positivo delle cose e scegliere la serenità.

Non è sempre facile vivere con più pace, rinunciando a voler avere ragione, smettendo di preoccuparci per ogni dettaglio, coltivando la fiducia negli altri, nella Vita, in Dio.

Soprattutto, non è sempre facile rinunciare anche solo a una piccola abitudine o a un piccolo piacere per cercare un “Dio” che, spesso, non sappiamo neppure cosa sia veramente!

I desideri dell’anima ci chiedono una continua espansione dei nostri limiti, della nostra zona di comfort, anche della nostra fede “nelle cose non viste”. E questo, spesso, non lo vogliamo veramente. Ci sono parti di noi che resistono, a volte anche con forza. Se la motivazione non è forte, quelle parti prendono il sopravvento.

Ci sono, sostanzialmente, due modi per rafforzare il nostro desiderio di seguire le indicazioni dell’anima: uno passa attraverso la sofferenza, l’altro attraverso l’esperienza del benessere.

Il primo metodo, quello della sofferenza, è quello che abbiamo seguito per milioni di incarnazioni. Siamo pieni di bernoccoli per non aver ascoltato la voce dell’anima e aver seguito la direzione sbagliata, vita dopo vita. Quando la sofferenza – fisica, ma soprattutto interiore – diventa insopportabile, arriva automaticamente il momento in cui diciamo: «Basta, voglio trovare una via d’uscita, costi quel che costi!». La motivazione è diventata sufficientemente forte e questo attiva la nostra volontà.

Swami Kriyananda raccontava spesso la storia di un giovane che si recò da un guru, chiedendogli di accoglierlo come discepolo per aiutarlo a trovare Dio. Il guru lo condusse a un fiume che scorreva lì vicino, gli chiese di entrare nell’acqua e, all’improvviso, lo spinse sotto la superficie, tenendogli giù la testa con forza. Il giovane cominciò a dimenarsi, sempre più forsennatamente man mano che la mancanza d’aria si faceva sentire. Alla fine, quando il giovane era quasi alla fine delle forze, il guru lasciò la presa e lo fece riemergere in superficie. Il ragazzo cominciò a prendere con avidità grandi boccate d’aria. «A che cosa pensavi mentre eri sott’acqua?» gli chiese il guru. «All’aria!» rispose il giovane. «Era l’unica cosa che volevo, disperatamente!». «Quando il tuo desiderio per Dio sarà altrettanto intenso» disse il guru «allora ti accoglierò come discepolo!».

Una storia meravigliosa, che ci dà la misura dell’intensità necessaria per realizzare i nostri desideri più profondi, i desideri dell’anima.

È indispensabile la sofferenza per raggiungere quell’intensità? No, per fortuna! Man mano che ci evolviamo, possiamo imparare, anche senza sofferenza, a coltivare il gusto e la passione per gli aspetti più sottili della vita, per le meravigliose qualità dell’anima che sperimentiamo nella meditazione.

Chiediti, quindi:

• In quali aree della mia vita non sono più disposto a soffrire?

• Che cosa sono disposto a fare per risolvere questa sofferenza?

(Certo, nel caso della sofferenza fisica non sempre possiamo porvi rimedio ma, come ci insegna Yogananda, possiamo coltivare per lo meno una coscienza di salute: “Anche se il mio corpo è malato, io sono sano!”)

• Quali qualità interiori, atteggiamenti espansivi ed esperienze ispiranti ho assaporato e voglio continuare a coltivare?

• Che cosa mi impegno a fare, concretamente, per manifestarle?

Possano queste splendide parole di Yogananda, tratte dai suoi Sussurri dall’Eternità, esserci d’ispirazione per mantenere sempre vivo e ardente il nostro desiderio di raggiungere la Meta.

Insegnami, o Spirito, ad amarTi con tutto il cuore, come l’avaro ama il denaro. Fa’ che io mi leghi a Te come l’alcolizzato è schiavo del vino.Insegnami ad aggrapparmi a Te come fanno gli uomini caduti nell’errore con le loro cattive abitudini. Insegnami a essere premuroso con Te come una madre lo è con il suo bambino. Insegnami a compiere coscienziosamente i miei doveri, rivolgendo interamente a Te la mia attenzione. Insegnami ad amarTi come l’uomo legato alla materia ama i suoi averi. Con il primo amore degli amanti sinceri, così insegnami ad amarTi.

Ciao, sono Sahaja!

Forse abbiamo in comune molte cose, o forse una soltanto… Vuoi scoprirla?

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