Ecco, credo di aver capito questo: che quando cadiamo nelle vecchie storie della mente, quando ci facciamo prendere dalle emozioni forti, quando ci avvitiamo sempre più nei buchi neri delle nostre fragilità, è perché ancora non ci amiamo abbastanza.
Sì, certo, in quei momenti non amiamo neanche gli altri. Ma quello viene dopo, quando la tempesta e il terremoto, dentro, si sono placati.
Sempre più, mi rendo conto che quella tempesta, quel terremoto, sono semplicemente parti di noi che gridano e scalciano per attirare la nostra attenzione: «Guardami, ascoltami, accoglimi nelle tue braccia!». Parti spesso molto antiche, a volte ormai così incollate al nostro essere da sembrare ciò che veramente siamo. E, invece, sono “solo” conglomerati di esperienze, interpretazioni di eventi del passato, energie di traumi ancora non risolte e pacificate. Parti bambine che piangono e si disperano, perché non sanno come uscire dal disagio e dal dolore che continuano a sentire, chissà, forse da tante vite…
E allora, oggi, ricomincio proprio da qui: tendendo la mano a questa bimba dentro di me che da qualche giorno mi sta mandando di nuovo i suoi segnali. La accolgo tra le mie braccia, la accarezzo, la rassicuro. Cerco dentro di me ogni briciolo d’amore che posso donarle, pur nel mezzo dello sconquasso che ha creato. Chiamo a raccolta tutte le divine risorse a cui ho imparato a fare appello.
E insieme, in questo amore, ci incamminiamo verso quel luogo che lei, con i suoi metodi forti, sta cercando di mostrarmi: un luogo interiore di amore, pace, luce. E sì, anche di divertimento. Perché ho capito che è questo, soprattutto, che lei vuole ricordarmi: quanta più gioia c’è oltre le vecchie nubi, quante più cose possiamo essere e fare, quanto più possiamo divertirci insieme. Grazie, piccola mia!
Siamo capaci di risorgere?
Dentro di noi risorgiamo continuamente!
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