Se c’è una cosa che è assolutamente indispensabile in India, se si vuole mantenere un po’ di sanità mentale, è una buona dose di pazienza. E siccome, diciamocelo, non è proprio la mia qualità più naturale, ecco che la mia esperienza indiana si trasforma ogni volta in un fantastico allenamento… a cominciare da un’attività che dovrebbe essere quanto di più semplice e rilassante al mondo: lo shopping!!!
Già, perché fare acquisti in India – come saprete se ci siete stati – può essere un processo molto lungo, complesso… e a dir poco frustrante!
Di solito, siamo abituati a entrare in un negozio e a trovare o non trovare quello che ci serve: basta chiedere se c’è, verificare se ci va bene e se il prezzo è giusto, pagare e uscire.
Oppure andare a cercarlo da un’altra parte, dove presumibilmente sappiamo di poterlo trovare. Semplice, chiaro e veloce, non è vero?
In India non è affatto così. Anche se ormai stanno spuntando come i funghi i negozi delle grandi catene, con prezzi fissi e cartellini ben marchiati su ogni prodotto, nella maggior parte dei negozi sai quando entri… ma non sai quando esci!
Ancora peggio: non sai MAI se uscirai con quello che volevi!!!
Questo è dovuto soprattutto a un concetto molto particolare, che la mente occidentale (soprattutto quella delle Vergini come me!) fa molta fatica ad afferrare: “Same but different”, “Uguale ma diverso”.
Un esempio pratico: durante uno dei nostri pochi giorni liberi, Jayadev e io siamo entrati in un negozio per acquistare delle statuine che ci erano state chieste. Ce ne serviva una certa quantità e dovevano essere tutte uguali. Ne abbiamo trovate alcune che ci piacevano molto, ma nel negozio non ce n’erano abbastanza. Allora, come è tipico, il proprietario ha detto: “Nessun problema, aspettatemi qui un attimo!” ed è sparito per una buona mezz’ora.
Quando è tornato, dopo aver fatto chissà quali patteggiamenti con altri commercianti dei negozi attigui, ha appoggiato sul bancone, tutto contento, la quantità di statuine mancanti… che però erano “same but different”, cioè della stessa divinità ma di misura e qualità completamente diverse! Alla fine, dopo aver cercato di spiegarglielo e aver perso un sacco di tempo, siamo usciti dal negozio senza nulla di fatto, lasciandoci alle spalle un commerciante deluso e incapace di comprendere quale fosse il nostro problema: erano pur sempre statuine della stessa divinità, no???!!!
Per non parlare, poi, dei negozi di abbigliamento: “Vorrei uno scialle bianco”… e ti tirano fuori almeno 10-20 scialli colorati, completamente diversi da quello che hai chiesto. “Same but different”: è pur sempre uno scialle, no???
E poi, le infinite contrattazioni sui prezzi… La cosa divertente è che, nel corso del tempo, ho imparato a capire abbastanza parole di hindi per rendermi conto di quello che si dicono tra loro i commercianti e i loro aiutanti, e spesso gli faccio prendere un colpo ripetendo in hindi quello che si sono appena detti e facendogli capire che so benissimo che stanno cercando di imbrogliarmi o di farmi pagare la cosiddetta “white-skin tax” (tassa della pelle bianca, cioè sovrapprezzo per i turisti). Divertente… ma anche molto lungo e complicato. Santa Pazienza!
Quest’anno, a Rishikesh, si è aggiunto anche il fatto che uno dei due ponti pedonali sul Gange era in ristrutturazione e per raggiungere certi negozi bisognava prendere una barca. Altro esercizio di infinita pazienza! C’erano due opzioni: pagare 40 rupie per una traversata con altre persone, oppure pagarne 400 per avere una barca tutta per sé. In termini occidentali, 400 rupie sono 4 euro e mezzo scarsi, quindi del tutto ragionevoli per un traghetto. Dal punto di vista indiano, però, sono un’enormità!!!
Ovviamente, i proprietari del servizio di barche cercano di spillare quanti più soldi possibili agli occidentali e quindi spingono per l’opzione 400 rupie, al tempo stesso facendo partire la barca collettiva solo quando è strapiena, con 24 passeggeri. Potete immaginare quanto lunghe diventino le attese, se ogni piccolo gruppo che arriva viene convinto a prendere una barca personale invece di quella collettiva!
Mentre attraversare il ponte richiedeva al massimo cinque minuti (necessari per aprirsi un varco tra le lentissime comitive di turisti indiani e per schivare scimmie e scooter), adesso ci vuole anche un’ora di attesa…
Un ultimo aneddoto sulla pazienza (e il non-giudizio!): i passaggi a livello in India!!! Certo, è risaputo che ci vuole una certa dose di pazienza per aspettare che il treno passi e si rialzino le sbarre… ma non è a questo che mi riferisco! Quello che succede spesso in India è che, mentre le sbarre sono abbassate, le macchine e i pullman si dispongono da entrambi i lati su entrambe le corsie. Potete immaginare che cosa succede quando si alzano le sbarre e si potrebbe tranquillamente riprendere il viaggio: ogni passaggio è ostruito e ci si trova completamente bloccati in un groviglio di veicoli quasi inestricabile, che solo l’ingegnosità indiana riesce a risolvere… con tanto tempo e infinita pazienza!
Sì, la pazienza è decisamente una lezione fondamentale per sopravvivere in India!!! E siccome è comunque fondamentale anche in Occidente, nel prossimo blog dedicherò qualche parola in più a questa splendida qualità.