Gratitudine per chi non c’è più

Oggi è un’altra festa importante, che smuove sensazioni profonde dentro di noi: la celebrazione di tutti coloro che hanno lasciato il corpo prima di noi. Dei nostri antentati e di tutte le persone care che hanno varcato la soglia del mondo invisibile.

Di solito, ci sono due sentimenti prevalenti nei confronti di chi ci è stato vicino e ora non c’è più, per lo meno in questa dimensione. Da un lato c’è il rimpianto, il dolore, la mancanza, specialmente se il lutto è recente o comunque importante. Quel senso di vuoto che sembra non finire mai, il ricordo dei gesti, dell’amore, di tutto quello che non tornerà più. E spesso non basta ricordarci che nulla è perduto ma tutto si ritrova in un altro tempo e un’altra forma, perché la morte non esiste e tutto continua su piani sottili… Spesso tutto questo è troppo astratto e non parla il linguaggio del cuore. E a volte ci sono vuoti che neppure il tempo, o nuovi amori, potranno mai colmare. E va bene anche così.

C’è spesso, tuttavia, un altro sentimento per chi se n’è andato: il rimorso o il dispiacere per le cose lasciate irrisolte, per le memorie di eventi dolorosi, per un karma pesante che ha lasciato ferite e pesi nel cuore. Pesi e ferite che cerchiamo di lasciare andare, ma che spesso ritornano con insistenza e si insinuano nel nostro presente, condizionandolo ancora…

Avendo vissuto più volte, negli anni, entrambe queste esperienze, ho capito una cosa: che possiamo smettere di lottare contro questi sentimenti. Entrambi. Possiamo accogliere quello che abbiamo dentro, onorare con gratitudine quello che abbiamo vissuto, bello o brutto che sia. Perché tutto, alla fine, fa parte di un piano d’Amore, fa parte di noi e della nostra storia. Sì, so che anche questo può sembrare astratto, ma è la mia soluzione, quella che porta pace al mio cuore e che avvolge sia la nostalgia che le memorie dolorose in un tenero abbraccio di compassione.

È normale sentire la mancanza di chi ci ha amato: ma possiamo scegliere di celebrare come un dono l’amore che abbiamo vissuto, di tenerlo vivo nel nostro cuore come un qualcosa che nessuno potrà mai portarci via. È nostro, è l’amore che noi stessi abbiamo dentro, e che può scaldarci il cuore nonostante il dolore della mancanza.

È normale sentire ancora qualcosa di irrisolto con chi ci ha dato del filo da torcere: ma, pur nel mezzo di quel disagio, possiamo scegliere di accogliere anche quelle ferite come doni. Perché ci hanno fatto diventare ciò che siamo, e comprendere qualcosa in più su noi stessi e sulla vita.

Sì, possiamo conservare i doni e lasciare andare, al meglio che possiamo, tutto quello che deve andare, e che in realtà se n’è già andato. Lasciarlo andare con la consapevolezza che lo scopo di tutto quello che abbiamo vissuto, e delle persone con cui lo abbiamo vissuto, era di farci evolvere verso un Amore più grande: per la Vita, per loro, per noi stessi. Finché anche noi varcheremo la soglia del mondo invisibile e ci saranno altri a dover trovare il modo di trasmutare i loro sentimenti per noi. Avanti, sempre avanti, la catena dell’evoluzione non si ferma mai… 

Ciao, sono Sahaja!

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