Il prezioso equilibrio tra il fare e l’essere

Nel blog precedente abbiamo visto quando dire sì e quando dire no alle sfide della vita. Ma, dopo aver detto “sì”, come possiamo mantenere il prezioso equilibrio tra il FARE e l’ESSERE?

Dobbiamo, innanzitutto, esaminare bene il nostro FARE.

Sempre più, la “vita moderna” ci cattura in un’attività costante (basti pensare al tempo che trascorriamo sui social o a scambiarci messaggi!): tutto tempo dedicato a dirigere la nostra energia all’esterno, quasi sempre lontano dal nostro centro interiore.

E poi, ovviamente, tutti gli impegni quotidiani, che ci fanno spesso assomigliare a criceti che corrono incessantemente nelle loro ruote… Ovviamente, questo non vuol dire che tutti gli impegni che riempiono le nostre giornate siano futili o evitabili, ma molti lo sono!

Ecco, quindi, il primo passo: dobbiamo capire (come diceva Yogananda) quali sono le nostre “NECESSITÀ NECESSARIE” e quali, invece, le “NECESSITÀ NON NECESSARIE”.

Vi propongo un esercizio: fate un bell’elenco di tutte le attività che vi tengono occupati in questo momento. Scrivetelo di getto, senza giudicare quello che scrivete. Poi, accanto a ogni voce, mettete un diverso simbolo o colore in modo da distinguere:

1. Le “necessità necessarie”, cioè quelle cose che dovete veramente fare VOI, e che potete fare SOLO VOI.

2. Le cose che, in realtà, potrebbe fare QUALCUN ALTRO… anche se meno bene di voi, o a pagamento. (Tra parentesi: raramente, perfino nelle aziende, ci si rende conto che anche il nostro tempo ha un costo e soprattutto un valore, spesso molto più alto di quello che pagheremmo a un’altra persona per farlo!).

3. Le cose che potreste non fare ma che VOLETE comunque fare, perché lo sentite giusto o perché vi danno gioia.

Credo che sarete sorpresi di tutto quello che verrà a galla mentre scrivete: resistenze, attaccamenti, a volte perfino vere e proprie paure! Sì, perché i motivi per cui facciamo le cose – specialmente quando ne facciamo così tante da rimanerne fagocitati – possono essere tantissimi, e non tutti “sani”. Ve ne suggerisco solo alcuni.

• Il classico horror vacui: la paura del vuoto, per tanti motivi. Ad esempio, il fatto che, quando ci fermiamo, ci troviamo faccia a faccia con noi stessi e, se abbiamo dentro qualche sofferenza o qualcosa di irrisolto, la nostra mente trova qualsiasi strategia (inclusa questa) pur di non farci sentire quel dolore.

 • Il bisogno di sentirci “utili” che, da un lato, è un sentimento bellissimo, ma che può diventare un incubo se pensiamo che solo quando siamo produttivi abbiamo il diritto di occupare il nostro posto nel mondo.

Il senso di colpa verso qualcun altro che fa o ha fatto tanto.

• La convinzione (quasi sempre instillata o rafforzata nell’infanzia) che solo attraverso il fare possiamo guadagnarci l’amore degli altri.

• Il timore di non fare mai abbastanza per compiacere Dio (molto diverso dalla gioia di voler ricambiare tutto quello che riceviamo dalla Vita, condividendo con gli altri i talenti che abbiamo ricevuto!).

• Eccetera eccetera…

Il primo passo, quindi, è comprendere le motivazioni che ci sono dietro al nostro fare, specialmente quando è tanto, e ancora di più quando è SEMPRE tanto! E poi… lavorarci sopra, con qualsiasi approccio! (Se ancora non conoscete il metodo dei “solchi”, che è super-efficace per farlo, potete esplorarlo qui).

Dopo aver fatto questo lavoro di consapevolezza e pulizia interiore relativamente al nostro FARE, come fare per equilibrarli con l’ESSERE? Ci sono tantissimi modi, ma vorrei accennarvene solo tre, in base alla mia esperienza:

1. Inserire i momenti dedicati all’ESSERE nella nostra agenda! Sembra assurdo, ma spesso ci dimentichiamo che l’appuntamento con noi stessi (e in particolare con il nostro Sé) è uno degli impegni prioritari della giornata, della settimana, del mese, di tutta la nostra vita! E siccome le nostre agende tendono quasi magicamente a riempirsi di ogni altra cosa, allora ecco che ci vuole un “atto di forza”.

Se non usate l’agenda o il calendario del telefono, vi consiglio di farlo almeno per questo esercizio. Prendetelo, e SCRIVETE il vostro nome almeno in un orario di ogni giornata, e possibilmente anche in un giorno (o mezza giornata, se proprio non potete fare di meglio) ogni settimana. Poi, se volete, aggiungete un’attività accanto al vostro nome: ovviamente, non “Pagare le bollette” o “Pulire la casa”, ma qualcosa che vi nutra e vi ricarichi, soprattutto nell’anima. E, soprattutto, qualcosa che non vi porti di nuovo nel “fare”, ma che vi permetta di “essere” e basta: di fermarvi, di fare silenzio, di sperimentare la pienezza e la connessione con il vostro Sé.

«Dove cessa il movimento, comincia Dio» diceva Yogananda.

2. Tenete monitorato ogni giorno il tempo che dedicate al FARE e all’ESSERE. Un modo molto semplice di farlo è di preparare un foglio con 24 righe, una per ogni ora della giornata, scrivendo in ognuna che cosa avete fatto (sì, una sorta di “controllo di gestione”!) ed evidenziando con due colori diversi le attività legate al FARE e quelle legate all’ESSERE. Ovviamente, poi cercate di riequilibrarle!

3. Coltivate il “gusto” dell’ESSERE. È paradossale, ma quella che dovrebbe essere la cosa più naturale e piacevole del mondo – lo stare con noi stessi e con il nostro Sé, fonte di tutta la felicità che continuamente cerchiamo all’esterno – è, in realtà un “gusto” da riscoprire e coltivare. Bisogna impegnarsi a farlo, un po’ alla volta, giorno per giorno.

A volte bastano pochi attimi di silenzio e interiorizzazione per entrare nel magico mondo dell’ESSERE, ed è bello diventare capaci di fare questo “switch” in modo veloce e repentino. Al tempo stesso, però, attenzione a non prendere l’abitudine di farceli bastare! C’è un mondo ancora più magico che si apre alla nostra esperienza, quando permettiamo alla mente di calmarsi e di aprirsi al Divino con una lunga e profonda meditazione, in quell’immobilità interiore ed esteriore che richiede tempo per essere veramente raggiunta.

Dedichiamocelo, questo tempo! Dopo tutto, è questa l’unica, vera priorità della nostra vita: ritrovare la dimensione del nostro ESSERE e, in quella dimensione, scoprire nuovamente quello che veramente SIAMO.

Ciao, sono Sahaja!

Forse abbiamo in comune molte cose, o forse una soltanto… Vuoi scoprirla?

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